Cosa può dire l’arte davanti allo spopolamento e all’abbandono di centinaia di piccoli borghi calabresi a partire dal secondo dopoguerra? Come possono gli artisti interpretare e raccontare un fenomeno storico di importanza fondamentale per le trasformazioni che produce sul tessuto sociale calabrese?
Queste le domande alle quali cerca di dar risposta “La città che parla”, un’installazione sonora interattiva realizzata per il Cleto Festival 2018 in collaborazione con Camera 237, collettivo artistico composto da Angelo Gallo e Lucy Mey.
Lo spazio dell’installazione è quello della via centrale dell’antico borgo di Cleto: una postazione centrale formata da un piedistallo nero sormontato da un mixer fatto di ingressi ed uscite audio accoglie il visitatore invitandolo a farsi artefice di una nuova “rifondazione” sonora del paese. Come davanti ad un vecchio sintetizzatore degli anni ’80 il visitatore inserisce e rimuove i diversi cavi audio del mixer producendo, con ogni sua azione, una reazione nel paesaggio sonoro del paese trasmesso da una serie di nove altoparlanti distribuiti in uno spazio di 70 metri lungo tutta la via principale del borgo: nelle case dei vecchi abitanti e in cima al campanile della Chiesa di Santa Maria Assunta, all’interno dei vecchi esercizi commerciali oramai chiusi e sui balconi fioriti delle abitazioni dei turisti francesi in vacanza.
Gli altoparlanti raccontano così la Cleto di un tempo, fatta di feste religiose e pagane, di giocatori di carte e osterie, di sartorie notturne, di contadini che si muovevano su e giù al ritmo costante della zappa, di fabbri e falegnami. Un paesaggio sonoro questo che col passare dei minuti pian piano scompare, svanendo come gli abitanti stessi di Cleto e lasciando il posto a un ambiente vuoto, ultimo, abbandonato. È da questo abbandono che nascono i suoni muti, i cigolii e infine i crolli cupi e drammatici che rappresentano un paese sull’orlo di un baratro dal quale potrà salvarsi solo con un improvviso risveglio dell’intera comunità. Un panorama sonoro che cresce poi cambia e svanisce. Diciotto tracce raccontano questi due mondi, la “Cleto che vive” e la “Cleto che crolla”, ma non tutte contemporaneamente. Solo nove infatti sono i suoni che riempiono le vie e sono scelti da chi interagisce con la postazione centrale. Ognuno costruisce il proprio panorama sonoro, ognuno crea presenza e crea assenza, provando a prender coscienza attraverso la sua creazione sonora della condizione del borgo che lo circonda.
La Città che Parla è un’installazione sonora ideata, sonorizzata e realizzata da Marco Stefanelli, Angelo Gallo e Lucy Mey
Una produzione Marco Stefanelli, Camera 237 e Associazione La Piazza per il Cleto Festival 2018